FUORISCHERMO

 

CHE NE SARA' DI NOI
Le trasformazioni dell'esercizio cinematografico:
La redazione dice la sua

MULTIPLEX -Uno sguardo preoccupato
Che ne sarà di noi, citando il film di Veronesi uscito in questi giorni, gente normale del cinema monosala, (al massimo due per avere la scelta..), noi intolleranti a odore di pop-corn, strilli di mocciosi in vacanza con papà al centro commerciale, di pupazzi ad ogni angolo, che andiamo al cinema per vedere un film e non per comprare le scarpe prima o dopo la proiezione? Che ci andiamo in metro e se abbiamo voglia di mangiare qualcosa, ci fermiamo al bar all'angolo? Al di là di logore considerazionisul degrado dei costumi, bisogna ammettere che andare incontro alle periferie tagliate fuoricorrenti di vita cittadinaè cosa buona, giusta e democratica;è comprensibile il benesserepoltrona ergonomica, il fascino dello schermo hi-tech e la comodità del centro polifunzionale, ma è opportuno quanto urgente porsi di fronte alla vera: saremo costretti a non poter più? L'unico luogo adibito aun film sarà il multiplex/megaplex/ultrasupermegaplex? Assisteremo gradualmente alla scomparsa del piccolo cinema di città,provincia, all'arena estiva? Ho vissuto qualche anno aPerugia ed è accaduto. Il piccolo, meraviglioso centro storico, contava quattro sale (già pochissime per un centro pieno di studenti italiani e stranieri); ne è rimasta una sola. A 5 km dalla città, un Warner Village di 10 sale (centro commerciale, pop-corn e strilli di bambini annessi). Che ne sarà di noi?

-Uno sguardo storico
All’inizio era il kinetoscopio, un dispositivo che consentiva la visione di un brevissimo film ad un solo spettatore, quattro KINETOSCOPIO anni dopo, il 28 dicembre 1895 i fratelli Lumiere davano la prima proiezione pubblica a pagamento. Ecco che nacque la proiezione sul grande schermo. Negli anni ‘10 del XIX secolo nascono i cinema, anche se il film fa solo da contorno a spettacoli di vaudeville e a documentari. Pian piano il film si conquista il ruolo di protagonista. Tutte le innovazioni nascono e arrivano dall’America, dallo star system degli anni ‘30 all’introduzione dell’aria condizionata in sala e della vendita di popcorn e bevande negli anni ‘50. Con la diffusione della televisione, l’afflusso del pubblico americano calò vertiginosamente, proprio per fronteggiare la concorrenza negli anni ‘60 nacquero i cinema multisala (multiplex) collocati all’interno di centri commerciali. E qui cambiò drasticamente la concezione dello spettatore, considerato da qui in poi come mero consumatore. A trent’anni di distanza i multiplex sono arrivati anche in Italia.

-Uno sguardo al consumo
Lo scenario delle nostre pratiche di consumo è straordinariamente mutato negli ultimi anni.
Come in un gioco di scatole cinesi, un luogo di consumo può contenerne molti altri. E il consumatore agisce, perché tutto ciò ha delle conseguenze sulle esistenze individuali e sulla vita sociale. Ciò che appare più evidente di questa dimensione è che i nuovi strumenti di consumo hanno nettamente modificato, in vari modi, la natura dei rapporti sociali che avvengono nel loro ambito, poiché invece di interagire con altre persone, coloro che usano le cattedrali del consumo avranno maggiori probabilità di interagire con le cattedrali stesse e con le merci e i servizi che offrono. L’atmosfera che si respira nei multiplex è quella dei Luna Park. La vera attrazione non è più il film, ma quello che si trova all’interno della struttura. Come in un centro commerciale, il film diventa il pretesto (la spesa) per consumare in videogiochi o golosità (girovagare per negozi senza meta). E’ una questione di genuinità. C’è ben poca interazione umana genuina nei nuovi strumenti di consumo. L’impressione è che in questi ambienti diventa più probabile avere a che fare con strutture e ambientazioni non umane e con persone costrette a comportarsi in maniera non umana. In un certo senso il consumatore si aspetta che il dipendente umano interagisca in modo consono all’attrazione, per non turbare l’incanto. I multiplex riescono a rimanere genuini e intimi? Perché il cinema è anche una questione di intimità.

-Uno sguardo alle possibili conseguenze
L’esercizio cinematografico in Italia sta attraversando una trasformazione profonda che ne muta pesantemente i rapporti di forza. Trascuro in prima approssimazione qualsivoglia valutazione sulle implicazioni che processi di tale portata hanno avuto, hanno e avranno sulla fruizione del cinema come bene culturale. Un bene che è alla portata di tutti e, quindi, deve essere tutelato e valorizzato come le altre arti, soprattutto se di produzione nazionale o europea. Mi soffermo invece brevemente sugli impianti socioeconomici che l’operazione in corso determina. Il progressivo disfacimento del tessuto del piccolo esercizio e il suo allontanamento dai centri urbani verso le periferie comporta una complessiva maggior fragilità del sistema. Gli elevati costi di esercizio possono essere sostenuti solo da grandi agglomerati internazionali, gli unici disponibili ad affrontare gli investimenti ora richiesti per l’ingresso nel mercato e a mantenere i flussi di cassa NUOVO CINEMA PARADISO necessari per il proseguimento dell’attività.Tra le conseguenze macroscopiche di ambito socioeconomico si possono individuare: un più difficile accesso al cinema per gli anziani e le scolaresche, anche e non solo per l’aumentata distanza; il predominio delle logiche dell’efficienza culturale; la sostituzione di un’offerta personalizzata al cliente con una proposta indifferenziata e basata principalmente sulle logiche di quantità; forse, anche la fine di un mestiere artigianale (cfr. il ruolo impersonato da Noiret in Nuovo Cinema Paradiso).