MIO FRATELLO È FIGLIO UNICO
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Titolo originale: Mio fratello è figlio unico
Regia: Daniele Luchetti
Sceneggiatura: Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Daniele Luchetti
Montaggio: Mirco Garrone
Musica: Franco Piersanti
Fotografia: Claudio Collepiccolo
Interpreti principali:Riccardo Scamarcio, Elio Germano, Angela Finocchiaro, Massimo Popolizio, Luca Zingaretti
Origine : Italia, 2007
Durata: 100'
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Ispiratosi al libro autobiografico “Il fasciocomunista” di Antonio Pennacchi (il titolo del film invece è preso a prestito
dalla canzone di Rino Gaetano, con la quale per il resto non ha nulla a che fare) e scritta la sceneggiatura a sei mani
insieme a Rulli e Petraglia. Luchetti racconta l’educazione politica e sentimentale di Accio, dall’infanzia nei primi anni
’60 alla giovinezza post ’68. Ne esce una galleria di personaggi molto ben disegnati e colorati, tutti con interpreti
perfettamente adeguati e diretti (anche nei ruoli minori; uno per tutti: Vittorio Emanuele Propizio che fa Accio da giovane),
e un ritratto vivace e plausibilissimo dell’Italia del tempo, sbandata tra radici cattoliche e modernità;
tra mammismo e familismo e voglie di emancipazione; tra nostalgie e revanscismi fascisti e tentazioni rivoluzionarie
comuniste; tra movimenti giovanili e femministi; tra liberazione sessuale e bigottismo provinciale. A Cannes è stato
inserito nella (pur prestigiosa) sezione “Un certain regard” anziché in concorso; ma è il festival ad aver perso
un’occasione, perché è un film ben scritto, ben diretto, ottimamente interpretato, che parla di cose serie ma che diverte,
che parla del passato ma interessa il presente, popolare ed irruente nella presentazione dei personaggi e delle loro
vicende ma calibrato e puntuale nella messa in scena. Un unico appunto: la svolta drammatica della seconda parte – già
risaputa di per sé - si serve del passaggio alla lotta armata del militante di sinistra, che è ormai un cliché un po’
stantio e un po’ sinistro del cinema italiano contemporaneo; un lapsus di regia (un unico, inutile flashback) è lì ad
autodenunciare l’imbarazzo.
DAZEROADIECI: 8
MAURO CARON
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